Per la pace in Ucraina, il Papa ci invita a scoprire nuove vie
Tanto si è parlato in queste ultime ore dello stralcio dell’intervista di Papa Francesco alla televisione pubblica svizzera e per certe frasi subito incriminate o osannate, in entrambi i casi a sproposito, circa la “resa” o l’alzare la “bandiera bianca” da parte di Kiev. Subito l’invito a cercare una mediazione e cioè una fine incruenta delle ostilità è diventato o “filoputinismo” o “realismo” e non invece un invito a cambiare logica, dalla logica della guerra (che si può solo vincere o perdere e chi di noi vuole mai perdere?) alla logica della pace che è – se è una pace giusta, come ha detto lo stesso Bergoglio spesso e volentieri – una vittoria per entrambi, perché apre a nuove strade, apre al perdono, apre alla riconciliazione.
Non è un caso che il Papa accosti la guerra alla “martoriata Ucraina” a quella in Terra Santa parlando di “due irresponsabili”, perché la semina dell’odio – e l’odio in quel lembo di terra tanto importante per la Storia della Salvezza è stato seminato copiosamente – è un atto di irresponsabilità verso le future generazioni. Come si può pensare che dopo uno sterminio efferato di 1200 persone tutte civili, Israele non coltivi desideri di rappresaglia? Come si può pensare che dopo oltre 30 mila morti i palestinesi di domani non coltiveranno odio per Israele?
La pace è molto più difficile della guerra perché la logica della pace è la logica di Dio, non dell’uomo e l’uomo è testardo.
Ma discernere il bene vuol dire trovare soluzioni innovative come il Papa tenta di fare: invece di rifugiarci nel noto, nella storia dei blocchi contrapposti, provare a costruire vie nuove fatte di multilateralismo, di responsabilità reciproca. Ecco allora che disinnescare la guerra diventa non solo un atto d’amore (“Beati i costruttori di pace”, Mt 5,9) ma un programma politico per il XXI secolo, che non può essere un XX secolo con in più armi automatizzate dall’Intelligenza Artificiale, non possiamo ripetere gli errori del passato dopo aver già aggiunto all’equazione l’opzione nucleare.
La guerra giusta non c’è, se non quella difensiva e a certe condizioni, e queste condizioni sono la proporzionalità tra impegno e chance di vittoria, che è bene considerare dopo due anni e 100mila morti solo tra gli Ucraini (senza contare i feriti). Non è un invito a “lasciar fare” Putin e il suo disegno criminale, è la speranza, la scommessa di dire che una via diversa per far finire il conflitto c’è ed è il negoziato.
Discernere vuol dire uscire dalla logica della reazione e passare a quella dell’azione, dell’iniziativa che è sempre frutto di una ponderazione e non di un istinto di pancia.
Nel mondo delle reazioni a tutto (sui social impazziamo alla ricerca del like, della battuta ad effetto, della polarizzazione), pensare alle cose, capirle e trovare vie nuove fa poco engagement, ma ci costringe a ritrovare il dono dell’intelletto.
Romolo Guasco, Presidente CVX in Italia
P. Massimo Nevola S.I., Assistente nazionale