Gesù cammina sulle acque (Cammino di Pietro n. 4)
Cammino di Pietro. Quarta unità: Gesù cammina sulle acque, la sfida del mare (Mt 14,22-32)
Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.
Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: “E’ un fantasma” e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Pietro gli disse: “Signore, se sei tu, comanda che io venga da t sulle acque”. Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”.
Analisi del testo
Questa scena evangelica, Gesù cammina sulle acque, segue il racconto della moltiplicazione dei pani e riferisce la situazione che si era creata dopo quello straordinario avvenimento. Gesù reagisce in modo sconcertante: agli entusiasmi della folla e dei discepoli contrappone la sua scelta di starsene da solo, in disparte, a pregare. Segue l’episodio che coinvolgerà Pietro in prima persona: il segno del camminare sul mare di Galilea in tempesta. Il brano, pur nella sua realtà storica, contiene molti simbolismi; la barca può rappresentare la vita di tutti: in cammino verso un obbiettivo ci si sente sopraffatti da inaspettate difficoltà; le certezze della fede possono apparire talmente leggere da risultare evanescenti, illusioni ottiche: “è un fantasma” come dire: “quanto è difficile credere in un Dio che non si vede e non si tocca”; Pietro che cammina e affonda è il simbolo della forza e della fragilità della nostra fede; ritorna il segno del “prendere per mano” a esprimere l’esperienza della salvezza.
Domande per l’attualizzazione
1. Invece di esaltarsi per il segno compiuto, Gesù cerca la solitudine. I discepoli dovettero anche aspettarlo un po’, poi si avviarono con le barche verso l’altra riva. Gesù sente dunque il bisogno di stare solo e di pregare. In quella circostanza cosa avresti fatto al posto dei discepoli o di Gesù? Cosa vuol dire “pregare”?
2. La barca senza Gesù si inoltra in un mare in tempesta. È la parabola della nostra vita: si procede verso una meta ma difficoltà impreviste, battute d’arresto, provocano la tentazione di tornare indietro e di cambiare rotta. Il Signore è assente o, se c’è, è talmente evanescente da sembrare un fantasma: nulla si stringe tra le mani. E’ la debolezza della fede. Ti è mai capitato di viverla così?
3. La paura. Il termine ricorre al meno tre volte, a dire che quella notte i discepoli hanno vissuto un trauma che ha rasentato la tragedia. È la paura per ciò che evoca un fantasma, per il buio della notte, per l’ignoto che incombe. E’ la paura di una fine tragica, brutta, dolorosa nel vuoto, nel nulla. Invece di gridare come gli altri, Pietro interroga il fantasma per capire se ha a che fare veramente con Gesù. Di cosa abbiamo paura, quali sono le paure che ci paralizzano? Troviamo il coraggio di “interrogare il fantasma”?
4. L’esperienza della salvezza. La fede di Pietro vacilla perché i colpi subiti sono molto violenti. Il Vangelo ci indica la via della salvezza: invocare il nome di Gesù. Ritorna l’immagine del “prendere per mano”. All’invocazione del Nome segue l’esperienza di sentirsi “presi per mano”. La salvezza per Pietro è sentirsi afferrato in un momento di grave difficoltà. Oltre l’interrogazione al fantasma deve seguire l’invocazione della fede: “Signore, salvami”. Troviamo il coraggio per quest’ulteriore passaggio?
Per la preghiera
Mi chiamo Pietro e sto andando a fondo
Mi riconosco nella “poca fede” di Pietro. Mi ritrovo nel suo “impaurirsi”.
E non faccio fatica ad individuare l’equivoco di fondo che ha provocato l’incidente.
Pietro ha frainteso il significato di quel “Vieni!”.
E’ anche il mio equivoco, l’equivoco di tanti credenti.
E’ il punto debole della mia fede. Meglio: della mia non-fede.
La fede non ci spalanca un cammino di facilità. Non ci fa camminare in una luminosa galleria
con l’aria condizionata, al riparo dalle tempeste che si abbattono sui comuni mortali.
La fede, semplicemente, mi permette di camminare al buio, contrastato dai soliti elementi ostili,
in mezzo alle difficoltà di tutti, alle prese con i problemi comuni ai miei fratelli,
con l’unica sicurezza di una Presenza, di una mano che mi afferra non per sottrarmi alle intemperie,
ma dopo che ho superato la bufera.
La fede non mi dispensa dal duro mestiere di uomo.
Non è una scappatoia dalle responsabilità della vita.
Non mi facilita la strada. Semplicemente, le dà un senso.
La parola “vieni” non mi rende un privilegiato, ma un chiamato
(chiamato ad affrontare il mare aperto della vita).
In tal caso nasce la consapevolezza che sono atteso da qualcuno, non la presunzione di essere dispensato dal rischio, dai fastidi, dai dubbi, dalle incertezze, dallo sforzo e dai pericoli della strada per arrivarci.
Nel momento in cui la mia fede, più che aggrapparsi alla Parola, consulta i bollettini metereologici e misura la profondità dell’acqua e l’altezza delle onde, si carica del peso della sicurezza,
comincio ad affondare…(da A. Pronzato, Pane per la domenica)
Invocazioni al nome di Gesù
O buon Gesù. O pio Gesù. O dolce Gesù. Gesù, figlio del padre eccelso,
Gesù, figlio della vergine Maria,
pieno di misericordia e bontà.
Gesù buono, secondo la tua grande misericordia, abbi pietà di me.
Gesù clemente, ti supplico per il sangue prezioso che hai sparso per noi peccatori:
cancella la mia iniquità, guarda la mia miseria.
Nome di Gesù, dolce nome, nome diletto e consolatore. Il tuo nome significa “salvezza”.
Perciò salvami, Gesù, per il tuo nome, dalla perdizione; tu che mi hai plasmato e redento,
non permettere che mi danni, dopo avermi creato dal nulla.
Concedimi di entrare nel numero degli eletti. Gesù, salvezza di chi crede in te.
Gesù, amore di chi spera in te.
Gesù, sostegno di chi in te si rifugia.
Gesù, perdono a tutti i peccati.
Gesù, sapienza eterna, donami la grazia, la sapienza e la carità, perché possa amarti, lodarti, goderti, servirti,
e gloriarmi fra tutti coloro che amano il tuo nome.
Gesù, benedetto nei secoli dei secoli.(R. Rolle)