Il figliol prodigo, il significato della buona notizia
Il primo momento della drammatizzazione della parabola del figliol prodigo, la buona notizia
I. Introduzione sul significato della buona notizia e della bella notizia
FINALITÀ
Due finalità: un’assoluta e una relativa. Quell’assoluta: il primo momento ha lo scopo di “svegliare” le coscienze alla consapevolezza del senso dell’unicità del Vangelo, quale possibilità donata agli uomini di trovare la felicità autentica della “vita eterna” nell’accoglienza della Parola di Dio. Ascoltare il Vangelo è ricevere “la” notizia dell’amore sconfinato e assoluto di Dio per me: notizia che mi sconvolge e mi cambia radicalmente la vita, aprendola ad orizzonti di senso e di pienezza mai sperimentati. Quella relativa: “iniziare” i partecipanti alla drammatizzazione, dando loro un tema semplice da svolgere attraverso la recitazione. Questo consentirà di “scaldare” l’ambiente, provando le capacità – per molti sconosciute – di indossare i panni di un personaggio. Così l’imbarazzo è tolto.
PRATICA
L’argomento
Si chiede ai partecipanti se qualcuno conosce il significato etimologico della parola “vangelo”. Da qualche parte arriva la risposta. Si chiede allora se è chiaro il senso della locuzione “buona notizia/bella notizia”. C’è chi si esporrà, chi non lo farà, chi avrà dei dubbi…
Raccogliere idee
Qui si propone ad ognuno dei partecipanti di prendere un foglio e scriverci sopra, a caldo, associazioni mentali al riguardo. Si chiederà ad ognuno di pensare ad eventi, fatti riguardanti la propria storia che, i partecipanti, associano ad un propria “Buona Notizia”, o di immaginare cosa nella propria storia potrebbe essere, se eventualmente accadesse, una “Buona Notizia”. Per fare questo si fa qualche minuto di silenzio perché ciascuno, utilizzando la memoria, possa riflettere e ripercorrere la propria vita, dunque, decidere una o più esperienze o idee da comunicare. Una volta scritto cominceranno a condividerlo, ad esempio “La vittoria nel derby, La promozione scolastica dell’anno passato, la gita sulla neve…” Si costaterà, probabilmente, che più di qualcuno, deviato dall’uso comune stereotipato della locuzione, avrà formulato pensieri astratti o generici del tipo: “Non c’è più la fame nel mondo”, “Non ci sono più guerre”, “Pace”, “Amore”, “La vita”. Qualcun altro avrà cercato di dare definizioni del tipo: “Qualcosa che mi fa star bene”, “Qualcosa che mi fa felice”. A costoro bisognerà spiegare che si cerca è qualche esperienza personale e storica (seppure espressa generalmente) da ricondurre alla locuzione suddetta. Così si porranno in evidenza risposte del tipo: “La guarigione di una persona cara”, “La nascita di un bambino”, “La vincita all’Enalotto”, “La vittoria della mia squadra di calcio preferita”.
Drammatizzazione
Una volta certi dell’acquisizione intellettuale del senso di “buona notizia/bella notizia”, si passerà a chiedere a due o più partecipanti di drammatizzare una scena immaginata sotto il titolo di uno di questi ultimi eventi citati. Si creerà perciò un piccolo spazio di scena, tale che, i partecipanti seduti in circolo, o lungo le pareti della stanza, lascino uno spazio al centro libero e sufficiente, entro il quale si svolgerà la scena; la porta della stanza sarà la soglia d’ingresso del messaggero. La selezione dello spazio e il movimento dall’esterno creeranno la tensione emotiva giusta per la drammatizzazione. Se è possibile, si proveranno due o più scene, dopo la prima crescerà la voglia di partecipare attivamente, la partecipazione emotiva degli “spettatori” aumenterà progressivamente. Infine, si chiederanno osservazioni e pareri sulle rappresentazioni (quanto verosimili? Anche tu avresti reagito così? Eri indifferente alla scena?…) nonché s’inviterà ad esprimere le emozioni provate sia nel rappresentare le scene sia nell’assistervi.
CONCLUSIONE
1) A questo punto si tireranno le conclusioni della prima drammatizzazione, mettendo in evidenza il senso unico, forte e sensibile “per me” della “buona notiza/bella notizia”.
2) Il Vangelo, analogicamente all’esperienza fatta durante la drammatizzazione, per esser tale, deve contenere un messaggio sensazionale e concretamente sconvolgente la mia vita. Se questo non si dà nella mia vita, significa che il Vangelo ancora non mi ha raggiunto. Questa conclusione è il trampolino di lancio per la drammatizzazione del brano evangelico che, con buona probabilità, mi toccherà dal vivo e realizzerà per me il primo o assolutamente “nuovo” annunzio.
NOTA
Quest’ultimo effetto può essere raggiunto se, dopo il punto 1) della conclusione, senza aver parlato del vangelo, si chiama uno a leggere il vangelo del figlio prodigo, e dopo averlo letto si chiede al lettore, guardando i partecipanti, cosa vede. Dopo un po’ di titubanza si aiuterà a vedere le persone annoiate, per nulla sorprese di un testo fin troppo noto, e da qui si può parlare del punto 2) della suddetta conclusione.