La lezione di storia del «Giorno del Ricordo» 2024
DI MASSIMO GNEZDA
In occasione della Celebrazione del Giorno del Ricordo 2024, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo intervento, ha affermato che «Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento, se non dell’eliminazione fisica».
Un silenzio bipartisan…
Questo silenzio imbarazzante, va ricordato, si determinò soprattutto in nome di una Realpolitik che, dal dopoguerra alla caduta del muro di Berlino, non consentiva di aprire questioni così urticanti, chiamando in causa la Yugoslavia di Tito, paese «non allineato», vero cuscinetto fra i due blocchi contrapposti. Peraltro, per logiche legate ai nostri equilibri politici, lo stesso silenzio calò anche sui crimini di guerra italiani, compiuti con l’annessione nel 1941 della Slovenia meridionale e l’occupazione di parte della Croazia, secondo le mire espansionistiche di Mussolini. Pagine di storia raramente ricordate nelle scuole e nei manuali.
2024: vent’anni di «Giorno del Ricordo»
A vent’anni dalla sua istituzione, il «Giorno del Ricordo» va compreso sempre più nella prospettiva di una condivisione della memoria fra i popoli e le nazioni, in un contesto politico senza precedenti, quello dell’Unione europea e del suo progetto di un’unità sempre maggiore fra gli stati. Rimane per me indelebile l’immagine del presidente Mattarella e del presidente sloveno Borut Pahor, insieme, mano nella mano, nel 2020 sul Carso triestino a ricordare tutte le vittime della guerra e dei totalitarismi.
La storia può essere inoltre maestra del tempo che stiamo vivendo, lo ha ricordato molto bene in questi giorni Raoul Pupo, fra i massimi conoscitori delle vicende di queste terre:
«Le storie di frontiera sono molto complicate e lo vediamo ancora oggi parlando della crisi ucraina. La Giulia è una Ucraina, cioè una terra di frontiera, in cui sono avvenuti esattamente gli stessi fenomeni. È una chiave, quella di ieri, per capire cosa succede oggi».
La lunghissima strada della riconciliazione dei nostri confini orientali si è potuta concretizzare con il riconoscimento e il consolidamento della tutela delle minoranze etniche e linguistiche, la concessione di ampie autonomie, che portano alla convivenza pacifica e alla collaborazione. Potrà essere anche questa la strada per Russia e Ucraina, una volta cessata la contrapposizione armata?
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