24 Novembre 2024
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In Perù la riscoperta di casa

DI TIZIANA CASTI

Mi chiamo Tiziana ma tutti mi chiamano Titti e questa è l’undicesima volta che parto per il Perù, per il campo della Cvx-Lms (Lega Missionaria Studenti) in collaborazione con la Compagnia del Perù. Sono una psicoterapeuta prestata al mondo del notariato e nel mio curriculum ignaziano posso aggiungere l’attuale presidenza della Cvx di Cagliari e la vice presidenza nel direttivo della Compagnia del Perù, oltre ai tanti anni di appartenenza al Meg come responsabile e la partecipazione alle iniziative di servizio e di formazione proposte dai gesuiti.

Il campo Cvx Lms in Perù

Il campo in Perù nasce da un gruppo della Lms di Torino dopo l’incontro con Judith Villalobos Vargas. È una donna di Trujillo che ha deciso di dedicare la sua vita ai bambini di strada, in seguito a una ricerca universitaria condotta sulle coste peruviane proprio sul fenomeno dei niños in stato di abbandono e vittime di violenza familiare.

Foto di gruppo volontari Cvx Lms in Perù estate 2023

25 anni di Caef

25 anni fa nasce così il Caef (Centro di attenzione ed educazione alla famiglia) che negli anni ha accolto più di 700 bambini da 0 a 18 anni, aiutando intere comunità della periferia di Trujillo come Taquila e Torres de San Borja. Ora, in seguito alla pandemia, aiuta circa 60 famiglie con il progetto “Compartir”, che prevede la condivisione del cibo donato da un grosso supermercato peruviano e incontri di formazione alle madri su temi legati alla conduzione della casa e della vita quotidiana.

Attualmente la casa ospita 21 bambini di cui alcuni molto piccoli. Gli operatori, tutti peruviani, sono circa una decina e ogni giorno lavorano in un modo inimmaginabile, affinché il bambino che entra in casa inizi un percorso personale, riappropriandosi della propria vita, della propria età, scopra che degli adulti ci si può fidare e che esiste un amore gratuito che hanno tutto il diritto di ricevere.

I volontari dall’Italia

Dopo 20 anni di collaborazione, l’esperienza in Perù ha visto passare tanti volontari da tutta Italia e la nascita di una Onlus, ora Ets, che dal 2008 sostiene il progetto. Io, sono una delle responsabili del campo in Perù e, nonostante questo ruolo ogni tanto mi pesi un po’, mi porta sempre a chiedermi il perché decido ogni anno di partire con un gruppo di giovani per questa esperienza. Di solito, mi ritaglio un momento di preghiera e di riflessione proprio per domandarmi cosa mi spinga a partire e normalmente le parole escono fuori dalla mia penna come un fiume. Non credo che basti dire:

“Perché è la mia casa, perché ci vado ogni anno, perché devo.” Lo sforzo è grande perché di tempo ne ho davvero poco, ma è un sacrificio che mi piace fare; perché le cose, per me, devono avere un senso, scoprire cioè nel profondo cosa mi dice il cuore.

Ritornare a fare un campo in Perù dopo il Covid

Quest’anno, devo dire la verità, le difficoltà per la mia partenza erano davvero tante e nutrivo per la prima volta la paura di non riuscire a risolverle. E dico per la prima volta, non perché in altri anni non avessi difficoltà, ma perché quest’anno il mio desiderio di ripartire era più alto di altre volte in cui sentivo il peso della responsabilità di dover essere presente, cosa che quest’anno non ho mai sentito.

Questi tre anni di stacco dal Perù mi hanno insegnato che sono in grado di non partire e di viverlo con serenità, per cui anche questo timore è stato superato. E allora perché partire? Semplice: perché è una cosa che mi rende felice e piena. Perché sento di avere la capacità di essere utile e gli strumenti per mettermi al servizio, non solo del Caef ma anche dei volontari. Perché, quando ho deciso di entrare nel direttivo della Compagnia del Perù, ho deciso di mettermi in gioco al 100% e di voler toccare con mano le conseguenze delle decisioni che prendiamo dai nostri divani.

Essere nel direttivo spesso è frustrante, sembra di non fare mai abbastanza, le preoccupazioni sono tante, quasi sempre legate agli aspetti economici ma che in realtà quei numeri parlano di vite di persone di cui noi ci siamo assunti la responsabilità.

Parto perché il Perù rinnova la mia sete di imparare e di crescere, perché anche se ho 44 anni non vuol dire che non sbagli o che conosca tutto, anzi. Son sicura di poter dare ancora molto di me a questo progetto e sento che sporcarmi le mani per me è preghiera, incontro con Dio.

Ho sempre avuto il dono di trovare Dio nelle persone più umili, quelle che dalla vita hanno ricevuto più schiaffi di quanto si meritassero, è lì che il Signore fa vibrare il mio cuore e mi rende felice.

Queste sono le motivazioni che mi hanno spinta a rivolare verso questo paese; che è diventato come una casa, una famiglia da cui ritornare.

Da Lima a Trujillo

Arrivati a Lima prima e poi al Caef a Trujillo, ho trovato un paese dilaniato dalla pandemia e dagli infiniti conflitti politici. Dal punto di vista economico e di sviluppo mi sembrava di essere di nuovo al mio primo campo: un salto indietro di 15 anni.

Anche la nostra casa famiglia, il Caef, è cambiata rispetto all’ultima volta che l’abbiamo vista, nel 2019. Tanti bambini nuovi, con storie difficili, da cui farsi conoscere e accettare; un gruppo di volontari con un’alta professionalità nel campo dell’educazione che difficilmente abbiamo avuto in passato e che ci spingeva a lavorare il più possibile, visto che in Italia un mese sembra un tempo lunghissimo ma che si trasforma in una settimana nella sua percezione una volta che si è in Perù.

Tante sono state le attività educative, tanti anche i lavori di ristrutturazione della casa. Abbiamo dovuto riappropriarci della relazione con gli operatori e personalmente con le tante persone con cui, negli anni, ho instaurato un rapporto intimo, di fiducia, un rapporto molto simile a una famiglia.

Ho trovato un Caef cresciuto professionalmente e apprezzato dalle altre realtà simili presenti nel territorio. È un punto di riferimento per la formazione di operatori e ben presente alle autorità locali. Gli stessi giudici chiamano la nostra casa per i casi più difficili. Questo ci fa capire ancor di più quanto sia importante il loro lavoro ma anche il nostro qui in Italia.

Il volontariato che diventa condivisione di vita

Questo mese appena trascorso mi ha riportato in una realtà che amo profondamente e son passati ancora troppo pochi giorni dal nostro rientro per poter fare un’analisi profonda dei cambiamenti che mi ha donato questa esperienza. Ci sono però due momenti che hanno segnato profondamente questo campo: il lavoro sulle emozioni con i ragazzi grandi della casa, con la condivisione con loro della mia storia personale (la perdita di mia madre) e i battesimi/prime comunioni dei bambini della casa e delle famiglie del progetto Compartir.

Il primo si è svolto un pomeriggio, dopo la visione del film “Inside out”.
Abbiamo centrato il discorso sui ricordi; abbiamo disegnato e descritto un ricordo che esprimesse una delle cinque emozioni principali e poi ognuno di loro ha condiviso questo ricordo con gli altri.

Mettersi in gioco fino in fondo…

Quando ho visto la loro difficoltà nel verbalizzare questi ricordi, ho pensato fosse giusto che anche noi ci mettessimo in gioco e così ho proposto di dedicare uno spazio in cui fossi io a condividere uno dei miei ricordi più difficile della mia vita. Così ho creato un cerchio intimo il più possibile con gli sgabelli, me li sono messi tutti intorno e ho iniziato a parlare di mia madre, di come si è ammalata e di come abbiamo vissuto insieme 11 anni di dolore immenso con questa malattia.

Gruppo condivisione volontari estate 2023

Sono passata dal raccontare la rabbia provata, alla paura e alla tristezza per giungere poi alla mia vita ora: una vita felice, ricca di persone speciali vicino, ricca di affetto e di amore. Ho raccontato loro i momenti difficili, ma anche quelli importanti per poi spiegare come proprio loro mi abbiano spinto a trasformare il dolore in amore.

Parlavo e li osservavo contemporaneamente; volti attenti, sguardo basso che esprimeva l’emergere di ricordi simili al mio. Ho visto mani intrecciarsi, sostegno ed empatia. Ho sentito lo sguardo di Y. su di me che mi penetrava l’anima. Ho pianto (ovviamente) ma mi sono sentita libera e felice di aver condiviso una parte così importante di me.

Da quel momento il rapporto con loro è cambiato e li ho sentiti ancora più vicini, se possibile

L’altro momento molto forte è stato il giorno dei battesimi celebrati da p. Alessandro Viano S.I., la nostra guida spirituale del campo che ci accompagna ormai da ben otto campi e che con i bambini ha fatto e continua a fare un lavoro stupendo. Viene chiamato affettuosamente Padrecito ormai anche da noi volontari ed è un punto di riferimento per tutti nella casa; ci aiuta a rileggere l’esperienza vissuta giorno per giorno e regala ai bambini la possibilità di percorrere un cammino di fede insieme agli operatori del Caef.

Padre Alessandro Viano Tiziana Casti e volontari Perù Cvx Bologna
Padre Alessandro Viano con Tiziana Casti e altri due volontari dalla Cvx di Bologna

Io, insieme ad altri sette volontari siamo stati scelti come madrine e padrini di battesimo; requisiti indispensabili erano due: un compromiso de Fe e un compromiso con il progetto. Io sono stata la madrina di K., una giovane ragazza che ho conosciuto diversi anni fa, quando era appena una bambina.

Tiziana Casti madrina di battesimo in PerùIo e lei siamo cresciute insieme al Caef e da subito si è creato un rapporto speciale. Questo momento ha reso questo rapporto ancora più solido e profondo. È stata un’emozione forte accompagnarla in ogni gesto della messa, in ogni emozione tradita dal suo sguardo, anche i preparativi hanno creato un non so che di magico, dal lasciarci pettinare da G. o dal fare le prove dei canti sul pullman che ci portava dai francescani.

Tiziana Casti madrina battesimo in Perù

L’emozione è stata anche condividere la gioia del momento con alcune persone della Cvx di Bologna

Non importava parlare, ci sono bastati gli sguardi o una carezza per capire uno lo stato d’animo dell’altro. Tutta la Messa è stata la prova della presenza della mano di Dio sul Caef e su tutti noi.

Non so bene cosa adesso accadrà, una volta ripresa la vita quotidiana in Italia. E non sono ancora capace di tradurre in parole i doni che questa ulteriore esperienza mi ha dato. Ciò che so di certo è che il Perù è ormai una casa per me, che mi ha insegnato a trasformare il dolore in amore, che mi permette di vedere Dio in modo tangibile nei volti dei tanti bambini che ho conosciuto e amato. So che ora fa parte della mia vita e che l’ha resa sicuramente più bella.

Il Perù, di sicuro, mi ha regalato un luogo sicuro in cui tornare, una seconda mamma (Mami Tuty) da riabbracciare e quel senso di maternità da coltivare.

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