24 Novembre 2024
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Napoli: nulla impedirà mai al sole di sorgere ancora…

di Antonio M. Cervo (CVX Gesù Nuovo – Napoli)

Quando seminare la Speranza passa per la lotta di un bene confiscato: tra economia civile e bene comune

“Nulla impedirà mai al sole di sorgere. Nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta”.

Così scriveva Khalil Gibran quando parlava della Speranza. Ma seminare speranza – si sa – non è sempre cosa facile. Perché molto spesso non basta gettare i semi. C’è bisogno soprattutto di coltivare la Speranza, di innaffiarla, di pazientare che cresca giorno per giorno lì dove si è deciso di piantarla, a dispetto degli ostacoli e di chi fa di tutto per recidere un sogno. Ciò vale tanto più quando i semi di qualcosa di nuovo si gettano in realtà difficili, dove la parola “Speranza” si declina come riscatto di un territorio, cultura della legalità, prospettando nuovi modelli di economia sostenibile, fondata sulla reciprocità e sulla solidarietà comune. In una parola: economia civile.

Questo succede anche a Napoli, in una splendida “location” da cartolina, come Posillipo (via Petrarca, 50)

Posillipo, Napoli

Qui, davanti a un caffè, mi accoglie Nunzio Sisto dell’associazione ARCA – Agende Rosse Campania (membro del Centro Culturale Gesù Nuovo di Napoli), reduce dall’ennesimo atto vandalico contro il bene confiscato intitolato a Paolo Borsellino, dove per tanti che si aprono ad accogliere i germi di un “nuovo mondo”, ci sono ancora alcuni che provano a soffocarli.

Caro Nunzio, “seminare Speranza” qui a Napoli ha un valore un po’ diverso?

Sì! Innanzitutto perché qui siamo costretti noi, dal basso, a creare la Speranza, essendo questo un territorio caratterizzato atavicamente dall’assenza di politiche pubbliche. A differenza di altre parti d’Italia, dove il pubblico ha saputo spesso valorizzare le esperienze locali e il mondo del volontariato.

Raccontaci: chi siete? Di cosa vi occupate dal 2017?

Noi siamo dei visionari, appartenenti al “Movimento Agende Rosse”, creato da Salvatore Borsellino (fratello di Paolo), che qui in Campania ha sentito la necessità di tradurre in prassi gli aneliti antimafia. Perché noi crediamo che la mafia sia quel meccanismo che si muove insieme alla politica corrotta, alle istituzioni deviate e all’imprenditoria criminale, per dar vita a un sistema fatto di interessi economici vantaggiosi per pochi e svantaggiosi per il bene comune. Dire “mafia” è, innanzitutto, indicare una delle più importanti cause di sperequazione sociale.
Perciò, occuparsi degli ultimi – come noi facciamo – significa fare una vera e propria attività antimafia.
Nel 2017 abbiamo ottenuto l’assegnazione di questo bene, confiscato a Michele Zaza, re del contrabbando negli anni ’80 e affiliato a Cosa Nostra. Appena arrivati, abbiamo trovato una situazione desolante: i terreni erano occupati da abusivi legati al vecchio clan, dove, fra l’ altro, c’era una discarica illegale di rifiuti speciali. Il tutto nell’omertà generale. La prima cosa che abbiamo fatto? Liberare. Liberare l’intero bene da una situazione di colpevole abbandono.

Da quel giorno che cosa avete deciso di costruirvi?

Il nostro obiettivo è di creare attività di servizio e attività a reddito. La prima si rivolge al mondo della disabilità mentale (autismo infantile e demenza senile), tramite un centro altamente specializzato di “pet terapy”; la seconda guarda, invece, a un progetto di economia “green” e sociale, con l’inserimento di soggetti socialmente fragili, cioè di detenuti e di neomaggiorenni (già ospiti di “case-famiglia” e privi della speranza di tornare nelle famiglie d’origine perché vittime di violenze), grazie alla coltivazione, trasformazione e messa in commercio del melograno che pianteremo.
Il tutto fruendo anche di “partnership” molto forti, che vanno dal Dipartimento di Economia Aziendale a quello di Medicina Veterinaria dell’Università “Federico II”, passando per il CNR e per cooperative sociali, come, per esempio, “Al di là dei sogni”, appartenente al consorzio NCO (Nuova Cooperazione Organizzata).

Nunzio, cos’è successo nel vostro bene confiscato tre settimane fa?

Tavolo e panche all'apertoIl 20 gennaio scorso c’è stato l’ennesimo atto vandalico, che ci ha distrutto panche, amache, serbatoio d’acqua, ecc.. In passato, già abbiamo conosciuto gesti del genere: da paletti divelti allo sversamento di nafta. Tutto da noi prontamente denunciato.
Dopo un’altra intrusione a distanza di pochi giorni, l’eco è stata enorme, a Napoli e non solo. Noi stessi siamo usciti con forza sui media.
Atto vandalicoIn tutto questo, ciò che mi pesa in modo particolare è il danno morale, più che quello materiale. Perché sembra proprio che qui non ci vogliano, che la nostra presenza sia un problema in un quartiere borghese di Napoli. Come dimenticare quando una volta ci fu detto in faccia “se steva meglio quann’ ce steva zi’ Michele” (“Si stava meglio quando c’era Michele Zaza”)?

In questi giorni, avete avuto tantissime azioni di sostegno e vicinanza da persone, associazioni e istituzioni. Ti chiedo: cosa hai provato lì per lì di fronte a queste intimidazioni?

Rabbia. Ma, soprattutto, profonda tristezza! Perché percepisci come sia difficile seminare la Speranza, creare adesione attorno a un progetto sociale in un quartiere residenziale. Dove tocchi con mano troppe volte l’ostruzionismo. Perché il nostro “esserci” è un problema per qualcuno…

Prima mi hai detto “dopo l’accaduto, non ci siamo rimessi in piedi. Perché noi non siamo mai caduti”

Esatto! Mai! Nonostante oggi, per alcune Amministrazioni, i beni confiscati non siano visti ancora come delle risorse da valorizzare autenticamente.

Cosa ricavi da quest’esperienza?

Che adesso siamo realmente più forti di prima. Perché l’essere sbarcati sui media in questi giorni ci ha uniti a tanta gente, a nuove persone, che ora hanno deciso di collaborare con noi. Tantissimi di loro ci hanno fatto donazioni per sostenerci materialmente.
Ti racconto, ad esempio, di una coppia di pensionati che mi ha molto colpito: non appena appreso dai social dell’accaduto, mi ha contatto per sapere di quanto avremmo avuto bisogno per installare un cancello.
E lo stesso giorno ci arriva il loro bonifico! Del tutto spontaneamente!
Tutto questo mi fa dire che abbiamo fatto bene a sentire e a considerare sempre questa realtà non una cosa solo nostra, ma… di tutta la comunità civile. E ciò che ci incoraggia è toccare con mano come questa stessa comunità cresca ogni volta di più, fino ad avere scatti significativi di fronte agli atti intimidatori. Perché? Perché i riflettori si sono accesi!
La Napoli sana, quella cioè fatta di tanti uomini e donne di buona volontà, ci ha dato e ci da risposte importanti! E questo è quello che ci incoraggia, che ci gratifica maggiormente. Perché adesso ci sentiamo molto più forti!

Un sogno di Speranza che non si ferma?

Vedi, Antonio, bisogna capire questo: alla base di tutto oggi c’è un sistema socio-economico spregiudicato. Noi pensiamo, invece, che si può immaginare una realtà dove è possibile investire gratuitamente competenze (pubbliche e private), in grado di divenire realmente un volano attrattivo di energie buone. Il tutto per costruire un’esperienza inclusiva di economia, specie per chi è emarginato e fragile. A chi vuole darci una mano chiediamo ogni volta “Vi va di sognare con noi?”. Questo sta avvenendo. E noi ci sentiamo confermati.

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