Calabria: che sia il tempo della società civile?
DI IDA NUCERA (CVX REGGIO CALABRIA)
La Calabria è una terra dimenticata? Chi ne è responsabile? I Calabresi rassegnati o lo Stato latitante?
Separare il grano dal loglio è operazione impervia, le ragioni sono analizzate e documentate dagli storici nella questione meridionale. La nostra prospettiva è meno ampia, ma urgente per capire il momento attuale. Comporta uno sguardo appassionato, un discernimento opportuno per individuare gli scandali e tutti gli operatori di iniquità, permettendo alla luce dei giusti di risplendere.
Mai tanta luce sui calabresi, che ha poco a che vedere con quella del regno. Riflettori mediatici su una terra periferica dalle immense potenzialità. Tanti eventi che persino noi calabresi fatichiamo a starci dietro.
In piena ondata pandemica la regione diventa zona rossa non per il numero dei contagi, ma per la tragica situazione della sanità pubblica e il suo decennale commissariamento, che ha dato il colpo di grazia, facendo scomparire ospedali e presidi territoriali. I malati costretti a compiere i viaggi della speranza al Nord.
Deceduta la presidente Jole Santelli, il suo vice Antonino Spirlì diventa il facente funzioni fino a nuove elezioni.
Spirlì è già noto per l’uso di termini omofobi e razzisti, per cui la Cvx reggina ha espresso con una lettera ferma indignazione e condanna, evidenziando “l’urgente bisogno di persone impegnate in politica che, ispirate dal Vangelo, lo testimonino nelle scelte concrete”.
Non sappiamo quanta eco abbia avuto, forse sono più note le battute sulla moglie di Eugenio Gaudio, che non gradiva trasferirsi a Catanzaro. Sembra la tarantella dei governatori, che spiccano per doti da avanspettacolo e di pochezza morale.
L’imbarazzo del governo cessa con l’invio di un superpoliziotto, Guido Longo, distintosi nella lotta alle mafie, che purtroppo evoca i tempi del brigantaggio e stigmatizza una terra dalle ferite insanabili.
Una domanda resta aperta: quale criterio abbia seguito il governo nelle scelte dei commissari: prima Cotticelli, in stato confusionale, non sa nemmeno dove sia il piano anti Covid. Poi Zuccatelli, tecnico, ma dalla battuta deplorevole. Con Longo sembra prevalere il problema della criminalità.
Corrado Augias stigmatizza la Calabria, scrivendo sulla sua rubrica che “non è una terra normale”, perché la criminalità coincide con la società e le istituzioni.
La misura è colma. Si fa un grave torto a tutti i morti di ‘ndrangheta e a coloro che denunciano e lottano.
È auspicabile che il nuovo commissario abbia un dialogo con Gino Strada, fondatore di Emergency, impegnato a Crotone nell’apertura di un ospedale dismesso. Soprattutto, conoscendo la “complessità” del territorio, ma poco l’aspetto sanitario, sia disponibile ad ascoltare chi non ha mai smesso di lavorare nell’ombra. Di questo tipo di calabresi poco si parla, perché non fanno audience.
Comunità competente insieme ad altre associazioni della società civile, redige per il commissario un documento sulla sanità calabrese, dove in sostanza, si chiede di essere ascoltati come interlocutori e conoscitori di questa terra, che lottano per la giustizia, la legalità e rivendicano “una sanità a misura di persona”.
A volte la società civile è stata responsabile di divisione e contrapposizione, oggi speriamo si possa scrivere una nuova pagina che nasce anche dall’indignazione.
Può essere una potente leva, che scuota da una endemica malattia: la rassegnazione, denunciata dal mai dimenticato vescovo di Locri, mons. Bregantini. Quella rassegnazione che spegne la capacità di profezia e il coraggio della testimonianza contro la ‘ndrangheta e i suoi intrecci politico-massonici.
Come diceva il grande Corrado Alvaro:
“i Calabresi vogliono essere parlati” non da chi passa, ‘mastica e sputa’ sentenze, ma da una parola che comprenda e faccia comprendere. Le narrazioni sono centinaia, come olive che cadono dai nostri secolari alberi della Piana, e vanno raccolte.”
Alcune le conosciamo, come il sindaco di Riace che accoglieva i migranti. Oppure la storia dei tanti De Masi, di cui si è fatta carico Reggio Non Tace, imprenditori vessati dalla ‘ndrangheta.
Dei preti coraggiosi, come don Panizza, venuto dal lontano Nord, o di quelli che c’erano stati e hanno chiesto di tornarci, come p.Vincenzo Sibilio. Non importa che non siano nati qui, una volta nella terra del “favorite?”, dello spezzare in treno il pane per chi arriva da lontano, diventano suoi figli.
Molto vero,descrive molto bene il nostro dramma…
Lucido. Puntuale. Esprime ciò che noi calabresi sappiamo molto bene. Spero che le tue parole arrivino a colpire lontano